"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

12 giu 2015

I 10 MIGLIORI ALBUM GLAM METAL - ANTEPRIMA (I PARTE) senza Glam...



La Storia del Metal ci insegna che i movimenti e le tendenze che la hanno attraversata hanno avuto sempre cicli di vita piuttosto brevi: nell’arco di quattro/cinque anni, i nuovi (sotto) generi emergono, spesso in modo repentino e prepotente, poi maturano e si sviluppano; infine cominciano a inaridirsi e/o ad ingessarsi in determinati clichè che danno luogo ad album in serie, di riepilogo, magari anche di buona fattura ma che poco o nulla aggiungono a quanto detto in precedenza e che portano ad un avvitamento dal quale per molti gruppi è difficile fuoriuscire.

A cura di Morningrise

Con qualche piccola variante questo schema evolutivo, lo abbiamo visto ripetersi per il Thrash, poi per il Death e successivamente per il Black. In pochi anni le band capostipite, quelle di maggior classe, appartenenti a questi filoni riuscivano a pubblicare due, tre, i migliori anche quattro, album seminali, decisivi per la definizione dei canoni musicali di quella branca, finchè o arrivava qualcun altro a creare un nuovo sound, spesso estremizzando gli stilemi del filone precedente e inventando un nuovo ibrido musicale; oppure si tornava al passato, si ripescavano sonorità che parevano demodè; alcuni gruppi lo facevano in maniera nostalgica, altri rivisitandole in chiave moderna, personalizzandole e dando il “la” a un qualcosa di nuovo con il quale le nuove leve che volevano emergere, avrebbero dovuto fare i conti, confrontarvisi.

E’ successo 35 anni orsono anche per la N.W.O.B.H.M., che in realtà non fu mai un genere vero e proprio, ma un Movimento, una sorta di “Scuola Musicale”, una Scena composta da decine e decine di bands che, se da un lato avevano tutte la propria ragion d'essere nella voglia e nell'urgenza artistica di “svecchiare” l’hard rock e l’hard&heavy degli anni ’70, avendone però interiorizzato la lezione, dall’altro lo fecero esprimendo un sound stra-variegato: gli Iron Maiden ad esempio suonavano in modo totalmente differente dai Tank, così come i Praying Mantis dai Samson, i Def Leppard dai Diamond Head, i Saxon dagli Angel Witch…e si potrebbe andare avanti. Insomma, ognuna di queste band geniali, idealmente capitanate da Steve Harris & co., svecchiava a modo suo, secondo una propria visione di questo materiale nuovo, incandescente e che stavano esse stesse contribuendo a plasmare, denominato appunto Heavy Metal.

Sta di fatto che dal 1980 al 1983 le migliori cartucce della New Wave vennero “sparate”, il suo insegnamento venne appreso e metabolizzato da schiere di giovani ventenni che erano al contempo fan di quelle band, a loro volta musicisti e futura avanguardia metallica. Avanguardia che, nel momento di affievolimento e rinsecchimento di questo impetuoso fiume britannico, si spostò oltreoceano trasferendosi negli USA.

Gli anni ’80 in USA furono gli anni del reaganismo. Dopo aver fatto per 30 anni l’attore, ed aver cambiato casacca lasciando il Partito Democratico e aderendo a quello Repubblicano, Ronald Reagan arrivò al potere nel 1981 e vi rimase per due mandati quadriennali. E fu proprio nel 1983, dopo un paio di anni difficili, che la situazione economica statunitense iniziò a decollare, favorita dalle politiche liberiste del governo Reagan (le celebri reaganomics, basate sul taglio dell’imposta sul reddito e da una maggior spesa statale, soprattutto nel campo militare).

Quelli furono anche gli anni del boom della Borsa di Wall Street e dei suoi protagonisti: gli Young Urban Professional, altrimenti noti come Yuppies! Schiere di giovani neo-laureati nelle più prestigiose business schools del mondo che si buttavano, come direbbero gli spagnoli, “a huevo” nel mondo della finanza, attirati dal guadagno facile e dalla bella vita newyorkese. Giovani che, dopo una giornata iperstressante passata in Borsa, andavano a frequentare il celeberrimo Studio 54 a Manatthan, partecipando a mega-party orgiastici a base di cocaina e donne mozzafiato (spesso escort di lusso), indossando rigorosamente abiti firmati dai più importanti stilisti italiani.

La Settima Arte, nella sua versione hollywoodiana, non poteva non guardare a questo fenomeno che si viveva in casa propria e lo descrisse in maniera mirabile in alcune famose pellicole, a volte incensandolo e altre volte facendone già sottintendere gli effetti distorti e rovinosi (“Wall street” di O. Stone è già del 1987). Soprattutto negli ultimi 15 anni, dopo averne vissuto le “bolle”, le speculazioni e i relativi fallimenti, il Cinema americano lo ha analizzato in maniera ancor più critica. Basti pensare a film come “American Psycho” o il recente “The Wolf of Wall Street” di Scorsese.

Anche l’Italia ebbe la sua versione dello yuppismo: centro nevralgico e rappresentativo di questo stile di vita fu la capitale economica del Bel Paese, la c.d. “Milano da bere” (che durò finchè Tangentopoli non ne smascherò il dopaggio e la corruttela che ne stavano alla base) immortalata in maniera parodiale, ma anche ruffiana, dal Vanzina di “Via Montenapoleone” o di “Yuppies – I giovani di successo”. Il principio che guidava la vita dei protagonisti, i c.d. “giovani rampanti”, era essere è meno importante che apparire, o meglio: apparire è essere!

Insomma, niente sembrava poter fermare le “sorti magnifiche e progressive” di questa generazione dell’occidentale capitalistico, una generazione formata da ragazzi guidati quasi esclusivamente dall’amore per il Dio Denaro, degli homines oeconomici razionali, amorali, individualisti e utilitaristi.

E la musica? Beh, nel vuoto di valori morali e sociali generato da questa nuova stagione economico-sociale anche la musica non esprimeva granchè, ristagnando alquanto: meglio i Duran Duran o Prince? I balletti di Michael Jackson o l’indie pop degli Smiths? Stiamo dalla parte dei R.E.M. o degli U2?

In questo contesto, proprio nella progressista e democratica California, un giovincello di 18 anni, promettente speranza del tennis danese, di nome Lars Ulrich incontra nella Città degli Angeli il coetaneo chitarrista James Hetfield…sono entrambi appassionati sia delle sonorità che erano esplose con la N.W.O.B.H.M. che dell’attitudine del punk di fine anni settanta…quello che crearono è ormai leggenda ed è conosciuto sotto il monicker di Metallica: nasceva il Thrash metal e la sfilza di band che seguirono i Four Horsemen sembrava dicessero agli Stati Uniti reaganiani che quel mondo tutto luccichii plastificati, lusso smaccato e sfrenato individualismo non rappresentava davvero la società statunitense; no, c’era ben altro. E quest’altro era morte, dolore, miseria, frustrazione, rabbia, esclusione. Era anche questa, anzi soprattutto questa, la Realtà quotidiana che la stragrande maggioranza degli americani vivevano e con la quale il governo e la upper class urbana doveva fare i conti.…e i gruppi thrash lo esprimevano con un linguaggio diretto, concreto, intelligibile dalla massa.

Da L.A. a San Francisco, dalla California alla East Coast, e da lì all’Europa: questo “battito continuo” così devastante, anti-melodico, suonato da loschi figuri vestiti completamente di nero, ragazzi coi brufoli ma già dannatamente maturi, portò a una nuova consapevolezza con cui l’industria musicale della società occidentale, e la società stessa, dovette fare i conti. Il Thrash fu rivoluzionario, oltre che musicalmente, anche socialmente per questo motivo. Ed essendo rivoluzionario, sgusciante, potente e visionario, era anche pericoloso per l’establishment, che reagì; tardivamente ma reagì. E vedremo come.

Ma nello svolgere questa funzione culturale così importante a mio modo di vedere il Thrash non fu da solo. Come due facce di una stessa medaglia, un altro movimento, contrario e per certi versi uguale al Thrash, vi adempiva: il Glam metal…