"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

13 apr 2016

RECENSIONE: SERENITY "FALLEN SANCTUARY"


Sono un drogato, lo ammetto. Il mio doping si chiama: power metal sinfonico, ma non solo quello d'autore o i grandi capolavori, ma ogni uscita mi incuriosisce e stimola l'acquisto e l'ascolto. Da tempo studiavo questo gruppo di origine austriaca, di nascosto, senza darlo a vedere a me stesso leggevo le recensioni, ascoltavo su YouTube, ma poi ho fatto la fine di ogni tossico e ho comprato la mia dose.

Avete presente i documenti delle riunioni di condominio? Quelli che iniziano con: premesso che... Ecco a questi mi ispiro: premesso che i Serenity non brillano per innovazione, premesso che non c'è da gridare al miracolo, premesso che non passeranno alla storia per cambiare il mondo musicale, premesso tutto questo: "Fallen Sanctuary" è un ottimo disco!

Ci sono alcune persone che camminano per strada, vedono un cane di chiunque e devono necessariamente accarezzarlo perché ne provano una incondizionata attrazione. Allo stesso modo quando sento l'inizio di questo disco, io mi sciolgo e so già che mi coccolerà.
Quel pizzico di Vision Divine e Labyrinth, quel tocco in stile Kamelot, quel richiamo agli Epica o agli Angra post Matos, insomma quel power metal sinfonico che piace alla gente che (non) piace.
Rispetto alla mediocrità imperante che il genere induce, questo disco merita un ascolto più diffuso. Il metal melodico infatti è una trappola che pochi riconoscono, perché ha una sottile linea dove si rischia di inciampare nelle ovvietà. Andate a chiederlo a Timo Tolkki che, dopo i buoni inizi con gli Stratovarius, ha perso la formula magica che differenzia un buon disco power sinfonico da una ciofeca che tutti additano come un passo falso.

I Serenity ci sanno fare e, in primo luogo, il cantante Georg Neuhauser domina la scena. A me ricorda il timbro di Michele Luppi e per questo piace subito, ma risalta anche grazie ad un songwriting curato dal mastermind degli Everon Oliver Philipps.
Una volta un mio vecchio allenatore mi disse: sai cosa è in fondo il calcio? Fare le cose facili nel tempo e nello spazio. Parafrasando uno dei miei maestri infantili, potrei dire che un buon disco di power sinfonico deve combinare nei tempi giusti i soliti semplici ingredienti: la ballad, il cantato femminile o qualche inserto growl, le canzoni più speed insieme a quelle sinfoniche e il gioco è fatto.
Banale a dirsi, ma meno a farsi tanto che molti ci provano e restano scottati dalla semplicità apparente. Questi austriaci hanno portato a termine la giusta combinazione e, senza apparire presuntuoso, lo consiglio anche a chi non mastica questo genere ed ha bisogno di una freschezza primaverile nello stereo.

Voto: 7.5
Canzone top: "Velatum"
Momento top: la seconda parte di "Rust Of Coming Ages"
Canzone flop: "The Heartblood Symphony"
Anno: 2008, 54 minuti
11 canzoni,
Etichetta: Napalm Records