"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

15 set 2016

I 10 MIGLIORI ALBUM DELLE CULT BAND ANNI '90 - CONCLUSIONI (Parte II)





Seconda e ultima parte delle nostre conclusioni relative alle cult band anni novanta.

Dopo aver tratteggiato il primo gruppo dei secondi dieci migliori album, ecco a voi la nostra seconda cinquina.

Si continua a contaminare in allegria e assoluta libertà...

A cura di Morningrise

1995 - STORM: “NORDAVIND”

Parlare di anni 90 e non parlare di black metal è alquanto sacrilego. Del resto come dire qualcosa di nuovo e/o di più significativo dopo l’eccezionale rassegna del nostro Mementomori sul Black norvegese??
Proviamo allora a trattarlo un po' di traverso con un disco non propriamente black. O per meglio dire black nello spirito ma ammantato esteriormente di folklore. Forse il side-project più importante di tutta la scena norvegese, gli Storm furono appunto un progetto parallelo di Satyr (Satyricon), Fenriz (Darkthrone) e la soave Kari Rueslatten (appena uscita dai The 3rd and the Mortal). Questi tre seminali autori si misero assieme per appena 33 minuti di sognante, etereo, ma al contempo oscuro, folk norvegese. La carriera solista di Fenriz, con i suoi Isengard (che proprio in quell’anno diedero alle stampe il capolavoro “Hostmorke”), pare subito di grande influenza per la realizzazione di questo “Nordavind” che della "filosofia" black riprende gli slanci spirituali di fondo e dei The 3rd and the Mortal le atmosfere sognanti. Scarno ma potente, gelido ma caldamente evocativo, l'opera si esprime attraverso umori marziali, cantato solenne e altero (da brividi la brevissima “Nagellstev”, per sola voce e tamburo), produzione “classicamente” lo-fi, per un’opera che fa dell'evocazione della natia terra il suo focus. Se il governo norvegese dovesse scegliere una colonna sonora per pubblicizzare turisticamente il proprio paese...beh, "Nordavind" sarebbe perfetto!
Peccato che a questo capolavoro non si diede un seguito per le consuete polemiche “nazionalistiche” che fecero scappare a gambe levate Kari. Facendo morire di fatto gli Storm.
Fatevi avvolgere nel profondo dal Vento del Nord

1996: FALKENBACH: “…EN THEIR MEDH RIKI FARA…”

Vichinghi di tutto il mondo unitevi! Cavalcate con i cavalieri del Valhalla su destrieri galoppanti tra le nuvole del cielo del Nord! Un cielo in un bianco e nero tanto sfocato quanto evocativo! Ci accoglie con questa immagine la prima fatica della one-man-band islandese (?) Falkenbach, sicuramente tra i gruppi più cult dell’intera decade. Sarà per l’originalità della proposta, che miscela sapientemente reminiscenze black, robuste dosi folk (ma un folk totalmente diverso da quello che abbiamo visto, sempre per il 1996, con gli Skyclad), stilemi orgogliosamente epici e tematiche relative alla mitologia norrena; sarà per l’aurea misteriosa di cui si è sempre ammantato il mastermind del progetto Vratyas Vakyas, alias Markus Tummers, (il buon Vakyas è davvero islandese? O tedesco? O un islandese che vive in Germania? O un tedesco che vive in Islanda? Suona lui tutti gli strumenti o se ne attribuisce solamente la paternità?). Poco ci importa. Quello che ci interessa è la musica, che è di una bellezza poetica rara. Falkenbach, facendo propria l’eredità dei Bathory, crea qualcosa di magico: una musica poetica, solenne, dalla scorza fredda ma dal nucleo caldo, proprio come la terra islandese, e capace come poche altre di tratteggiare, trasponendoli in musica, epici e maestosi paesaggi nordici. Sonorità che fondono la maestosità e la grazia del volo del falco con l’evocatività di un ruscello gorgogliante in mezzo a una foresta…Falkenbach, appunto...

1997 - LAKE OF TEARS: “A CRIMSON COSMOS”

Una copertina cathedraliana ce lo presenta. Un arpeggio meraviglioso crea il pathos giusto…gli strumenti deflagrano all’unisono. Riffone sabbathiano e voce sofferta ma decisa al contempo. E’ “Boogie bubble” che ci accoglie in questo discone, così bello e così sottovalutato al contempo (salvo poi essere riconsiderato dalla critica nella decade successiva)! Gothic, doom, dark, psychedelic rock, spruzzate folk miscelate a heavy classico. I Lake Of Tears hanno contaminato, eccome se lo hanno fatto! Scegliamo nella loro produzione la terza release, "A Crimson Cosmos", disco attraversato da un’infinita carica…malinconica! Può sembrare un ossimoro, ma questo è un disco che consiglierei per momenti sia particolarmente tristi che per momenti gioiosi, di grande vitalità. Brani più tesi e diretti (“Devil’s diner” o la già citata “Boogie bubble”) si alternano a ballate elettroacustiche dall’infinita vena emotiva (provate a non piangere ascoltando “When my sun comes down” o “Lady Rosenred”, guidata quest’ultima dalla sognante voce di Jennie Tebler).
Fino a trafiggerci con la conclusiva title-track: "One went to seek the loss / one went to seek the darker side of us / one went to seek the cross…only to find a crimson cosmos" . Lago di lacrime...

1998 - SHADOW GALLERY: “TYRANNY”

Dream Theater, Queensyrche, Symphony X, Fates Warning…siamo sempre lì. Se si parla di Prog Metal il “quadrilatero” che si cita è sempre quello sopra riportato. Dimenticando spesso e volentieri che la sfortunata band della Pennsylvania rientra di diritto nella elite del genere. Del perché di questo “oscuramento” degli Shadow Gallery Metal Mirror ha già parlato con un’ottima retrospettiva del nostro Lost In Moments. Una band fenomenale, che non ha mai steccato rilasciando sempre dischi mai men che ottimi. Per la nostra classifica scegliamo quello che per noi è il loro capolavoro, “Tyranny”, dove per 73 minuti il six-pieces non sbaglia una nota, sfornando brani uno più incisivo dell’altro e mostrando al mondo come il prog metal possa essere molto lontano dalle critiche più frequenti che si muovono ad esso: freddi manierismi e sterili sfoggi di tecnica. Una tecnica peraltro sopraffina ma sempre al servizio dell’emozionalità dei brani. Caratteristica rara nel genere (e che solo top bands come gli stessi Fates Warning e gli Everon hanno saputo appieno estrinsecare) e che trova il suo climax nell’inarrivabile “Hoper for us?”. 
Il tempo vola con gli Shadow Gallery e quando le ultime leggiadre note di “Christmas day” scompariranno, quello di cui non si potrà far a meno sarà schiacciare nuovamente il tasto “play”...

1999 - SOLEFALD: “NEONISM”

Ho avuto in mente loro dal primo momento, dal primo istante in cui ho pensato al nostro termine-guida contaminazione. Spesso abusiamo del concetto di avanguardia. Già nella rassegna abbiamo toccato l’avant-garde metal con gli hors catégorie In The Woods.... Ma i Solefald, folle duo norvegese composto da Cornelius e Lazare, sono un qualcosa ancora di diverso. Oscurati dal giusto successo avuto in quest’ambito dagli Arcturus del seminale “La masquerade infernale”, i Solefald devono essere messi quantomeno al livello di importanza della superband di Sverd e compagnia. Debuttando con il sensazionale “The Linear Scaffold” proprio nel 1997 (non a caso messi subito sotto contratto dalla lungimirante etichetta milanese Avantgarde music), due anni dopo i due norvegesi si superano con questo “Neonism”. Indefinibili, pazzoidi, meravigliosamente schizofrenici. A tratti, passando all’interno dello stesso brano da un genere all’altro, sembra di star girando senza soluzione di continuità la manopola di una radio, fermandosi per pochi secondi da una stazione all’altra. Il medium del black metal è solo il pretesto per innescarvi di tutto: dal jazz al prog, dal pop al noise, dal rap all’industrial. Tutto miscelato, tutto ammantato da un approccio teatrale; ovviamente un teatro dell’assurdo, onirico e dal retrogusto scomodamente malvagio. Sui testi poi bisognerebbe aprire un capitolo a parte ma questa non è la sede idonea per farlo. 
Da qualsiasi lato li si prenda…unici!

Siamo arrivati così alla conclusione della rassegna sulle cult band anni '90, sperando di essere stati il più esaurienti possibili, con i nostri 20 dischi trattati, nel comprendere le diverse sfaccettature della contaminazione che ha caratterizzato la decade (tralasciando volutamente il c.d. Alternative metal).

Ma ancora una breve ma importante considerazione si può fare. e riguarda la differenza tra le cult band anni '80 (tema col quale avevamo cominciato il nostro "viaggio" addirittura dieci mesi fa con la relativa Anteprima) e quelle degli anni '90.
Una differenza non da poco. E che riguarda l'essenza stessa dell'evoluzione storica della nostra musica preferita...