"Parlare di Musica è come ballare di architettura" Frank Zappa

23 giu 2017

IO E I MASTODON, ovvero LE CONFESSIONI DI UN INGRATO METAL FAN DI MEZZA ETA'


“Ispirazione ai minimi storici”, “composizioni frettolose e non curate”, il disco “meno sorprendente e meno riuscito della loro carriera”, “mezzo passo falso”, “una marionetta che non sta in piedi”, ecc.

E poi i voti: quando non sotto il “6”, poco sopra la sufficienza (e quindi comunque insufficienti per quello che ci si aspetta da un gruppo di questa levatura).

Stiamo parlando di quello che consideravo l’evento discografico più atteso in ambito metal di questa prima metà del 2017 (assieme all’uscita di “The Source” degli Ayreon), cioè “Emperor of Sand” dei Mastodon (che bel titolo! E che bella copertina!).

E invece…è uscito da tre mesi (31 marzo) e non me lo sono filato. Perché? mi chiedo.

Per quei commenti poco stimolanti? Per quei voti loffi? No, non credo. Non mi sono mai fatto influenzare dalle recensioni, e soprattutto dai voti, dei siti specializzati. E poi io adoro i Mastodon! E soprattutto ho un’infatuazione artistica per Brann Dailor (recentemente inserito, con una perfetta scheda esplicativa, dal nostro Mementomori nella lista dei migliori dieci batteristi del metal estremo).

Forse allora è colpa dell’amata/odiata rete. Ormai su Youtube puoi sentire tutto un disco prima ancora che esca, o quando è appena uscito. Sono passati anche per me i tempi in cui si andava in negozio, con in tasca le sudatissime 30.000 lire mensili da investire in un unico benedetto CD. E si stressava il negoziante per farci ascoltare i primi due minuti degli album presenti nella nostra lista degli acquisti, per vedere quale fosse quello migliore su cui investire…quello che ci ispirava di più.

Adesso è tutto più immediatamente fruibile. E anch’io non ho resistito alla tentazione di ascoltarmi EOS sul Tubo. Ed effettivamente non mi ha emozionato. 
Ma "alla prima" quando mai mi ha subito colpito un disco dei georgiani?

Allora, devo ammettere a me stesso: non me lo sono filato perché evidentemente sono uno stronzo. Un ingrato. Non solo: mi guardo indietro e mi accorgo che non mi ero filato neppure “One more ‘round the sun” (2014) ed ero arrivato "solo" a “The Hunter” (2011). E ancora una volta non posso fare a meno di domandarmi perché.

TH non mi era piaciuto? Mi aveva deluso? Forse ai primi ascolti, ma poi no, assolutamente. Me lo vado a riascoltare. A riascoltare bene, “The Hunter”. Si, lo ammetto, forse gli preferivo “Leviathan”, “Blood mountain” e “Crack the Skye”, ma parliamo di sottilissime differenze, di scarti minimi dettati da gusti squisitamente soggettivi. Non solo: in TH il brutto Tallone d’Achille della band, cioè l’inadeguatezza delle parti vocali, sembrava essere stata mitigata. E la cosa cominciava a darmi meno fastidio. Ricordo che, ad esempio ascoltando “Blood mountain”, mi dicevo: ma perché dei grandissimi musicisti come loro non si prendono un cazzo di cantante come si deve, si concentrano sui loro strumenti e per la voce non si affidano ad un professionista? Perché Brent Hinds invece di ragliare nel microfono non suona la chitarra e basta, già che lo fa divinamente!?!

Ma, nonostante questo “fastidio” dovevo alla fine convenire che le voci di Sanders, Hinds e Dailor non inficiavano il risultato finale. Era talmente alto il livello del songwriting, talmente belle le canzoni, talmente frequenti i passaggi geniali, così mirabile la capacità di sintesi di stilemi diversi, che le voci, oggettivamente non all’altezza, passavano in secondo piano (un po’ lo stesso discorso dei compianti Isis).

E allora, riascoltando “The Hunter”, faccio i conti con la mia ingratitudine. Immotivata e pretenziosa. Non mi bastava il serratissimo riff di “Black tongue”? O l’arpeggio elettrificato da pelle d’oca di “Stargasm”? O l’inquietante dolcezza della title-track o della conclusiva “The sparrow” (e potrei aggiungere altri titoli della track list) per continuare a seguirli nelle successive uscite discografiche? La verità è che ero abituato troppo bene fino a “Crack the skye” e anche un leggerissimo, esiziale passo indietro (o meglio, quello che per me era un passo indietro) mi ha fatto tralasciare quella che è stata una tra le più importanti metal band degli ultimi 12 anni.

E’ un tema questo che sul nostro Blog avevamo già affrontato. E attiene al fatto che, soprattutto quando si ascolta metal da 25 anni, si è alla ricerca sempre di qualcosa di nuovo. Nuove sonorità, nuovi standard. Cose che colpiscano mente e cuore. Il rischio è quello di “abbandonare” grandi gruppi, pensando o che non riusciranno ad eguagliare i fasti del passato o pensando che non abbiano nuove cose da dire. Col rischio di lasciarsi alle spalle album quantomeno molto piacevoli.

Il punto probabilmente è quello di cambiare prospettiva: non carichiamo di spasmodiche attese e pretese un gruppo di musicisti che ci ha donato già così tanto. Sono al settimo album. Cosa devono fare? Trovare, ad ogni uscita, ad ogni costo una nuova via per il metal del futuro? (altro argomento abbondantemente affrontato sul nostro Blog, ma sempre attuale).

Rimetto nel lettore ancora una volta “The Hunter”. E sapete cosa vi dico? Che è un ottimo disco. Bello bello. E poi non fosse che per ascoltare i pattern di Brann (ma quanto cazzo è bravo!!??), il tempo impiegato per ascoltarlo è già di per sé ben speso...

Allora, faccio penitenza, ammetto le mie colpe e la mia superficialità di giudizio e prometto: Mastodon, non vi abbandonerò!

A cura di Morningrise